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221

BACCANALE CON SILENO EBBRO E PUTTI, 1640-1645 CA.

In Renoir e altri Maestri della collezione del Fa...

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Rome

MAESTRO DELL’ANNUNCIO AI PASTORI (CA. 1620 - 1640), CESARE FRACANZANO (1605 -1651) O PAOLO DOMENICO FINOGLIA (CA. 1590-1645) Olio su tela 122x181 cm Condizioni supporto: 80% (reintelo) Condizioni superficie: 70% (consunzione della pittura, integrazioni) Il dipinto raffigura l’epico baccanale descritto da Ovidio al Libro I dei Fasti, dal verso 393 in poi. Sileno è circondato da putti scherzosi mentre, nel margine a sinistra della tela, un uomo nudo versa del vino da un otre a un giovane nudo. Tale soggetto iconografico ha goduto di grande popolarità dall’antichità classica al Rinascimento, con le opere di Giulio Romano, Giovanni Bellini e Tiziano. L’autore del dipinto in esame, secondo Nicola Spinosa, ebbe conoscenza diretta di un disegno di Annibale Carracci, riprodotto in un vassoio di argento della collezione Farnese oggi a Capodimonte, “in particolare per l’episodio con l’uomo che versa il vino dall’otre al giovane disteso nudo, della nota composizione di Ribera del 1626 (anche a Capodimonte)” (scheda del 27 febbraio 2011). Come sottolinea lo studioso, il dipinto appare prossimo alle esperienze in chiave naturalista di Ribera, risalenti ai giovanili anni romani dell’artista che “dopo il suo definitivo trasferimento a Napoli, ebbero notevole influenza sull’ambiente dei pittori locali per scelte di rinnovata concretezza e più vigorosa intensità visiva. Nella cerchia di Ribera figure di rilievo furono, tra gli altri, Francesco Fracanzano, almeno fino alla svolta classicista della fine degli anni Quaranta e degli inizi del decennio successivo, e Nunzio Rossi, con soluzioni che farebbero suggerire il nome di entrambi per l’autore della tela in argomento. Appartengono, in più a Francesco Fracanzano, fratello del più anziano Cesare, anche lui autore di alcuni dipinti con soggetti bacchici e anche lui formatosi a contatto con Ribera, alcune tele con soggetti affini, come il Trionfo di Bacco, firmato, del Museo di Capodimonte, e il Baccanale della collezione Valerio a Ginevra” (scheda 2011). Pur considerate le affinità iconografiche, Nicola Spinosa ha evidenziato come, “per resa asciutta e vigorosa del dato reale, fisico e psichico, per concretezza quasi tattile di panni e di epidermidi, di particolari anatomici e tratti sia somatici che espressivi, questo Sileno ebbro in nessun modo concorda, anche per sapienza nella trattazione delle luci e delle ombre come per compattezza di dense stesure cromatiche, con i modi dei due pittori prima indicati” e ritiene invece che il referente più immediato della tela vada rintracciato nell’opera del cosiddetto Maestro dell’Annuncio ai pastori (Spinosa, scheda 2011). “Il confronto tra la tela in argomento con opere note dell’ancora anonimo maestro (comunque fortemente in relazione con Ribera e probabilmente anche lui di origine iberica) è determinante al fine dell’assegnazione a quest’ultimo anche della composizione in esame”: Spinosa accosta la figura del Sileno, quelle degli anziani “barbuti e con le epidermidi segnate dagli anni, dal sole e dalle fatiche quotidiane”, delle baccanti e dei putti giocosi con quelli rappresentati in molte tele dipinte dal Maestro dell’Annuncio ai pastori, come per esempio nell’Adorazione dei Magi della raccolta Ruffo della Scaletta, che permettono che “l’assegnazione della sua mano, che qui si propone, possa risultare certa e accettabile” (Spinosa, scheda 2011). A conferma dell’attribuzione, Spinosa segnala che la “trattazione delle materie cromatiche, dense come neppure in Ribera o in Francesco Fracanzano o nello stesso Nunzio Rossi, è identica a quella che si riscontra, a esempio, nell’Incontro di Giacobbe e Rachele di una privata raccolta fiorentina, nella Officina di Vulcano del Museo di Weimer (anche pubblicata dal De Vito nel 1986), nel Perseo che combatte con Fineo di una collezione romana, del Figliuolo prodigo nella versione dai toni accesi del Museo di Capodimonte o nel Maestro di scuola di un’altra raccolta privata, nel Profeta che legge del Museo di Bordeaux e nella Natività di Maria della chiesa di Santa Maria della Pace di Castellammare di Stabia: opere che si collocano in momenti e fasi diverse dell’attività del pittore, tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Cinquanta (se ne vedano, per molte, le riproduzioni anche in N. Spinosa, “Pitture del Seicento a Napoli. Da Caravaggio a Stanzione”, Napoli 2010, pp. 326-340)”. Spinosa inoltre nota come la trattazione delle materia cromatiche nella tela in esame “indulge a toni più rischiarati e quasi preziosi che non nelle composizioni del pittore databili tra fine terzo decennio e inizi del successivo, ma evidenziabili in dipinti successivi alla “crisi pittoricistica” avviata da Ribera intorno al 1635 e che in breve coinvolgerà tutti i pittori napoletani sia di precedente orientamento naturalista (come lo stesso Maestro dell’Annuncio ai pastori), sia d’inclinazione moderatamente classicheggiante (come nel caso di Massimo Stanzione)”. Tale crisi pittoricistica ha comportato da una parte un progressivo schiarimento delle cromie, dall’altra “una resa più pacata e meno ‘ruvida’ o severa di atteggiamenti e reazioni espressive. Che, nel caso dell’anonimo Maestro, si riscontra a partire dai primi anni Quaranta, quando dipinse probabilmente, senza rinunciare, comunque, alle passate propensioni naturaliste, la seconda citata versione del Figliuol prodigo di Capodimonte e, più tardi la Natività di Maria di Castellammare di Stabia. Motivo per il quale, anche per questo Sileno ebbro sono propenso a indicare una collocazione cronologica agli inizi del quinto decennio del secolo, se non poco dopo” (Spinosa, scheda 2011). In occasione della vendita, a complemento della citata scheda critica predisposta da Nicola Spinosa per una precedente proprietà, la Casa d’Aste ha consultato nuovamente il Prof. Spinosa ed altri esperti di riferimento per l’artista, che hanno esaminato l’opera su base fotografica. Riccardo Lattuada ritiene che “l’attribuzione al Maestro degli Annunci ai pastori sia corretta” (comunicazione del 27 settembre 2017). Vittorio Sgarbi, in una comunicazione orale, ha sottolineato la vicinanza dell’autore con Paolo Domenico Finoglia (ca. 1590-1645). Di parere analogo è Craig Felton, il quale sostiene che “the Neapolitan origin of the artist is evident. (…) The painting seems closer to the work of Paolo Domenico Finoglia, athough the possibility that it is by the Maestro dell’Annuncio ai pastori is also valid” (comunicazione del 23 settembre 2017). In alternativa, sono state proposte attribuzioni ad Agostino Beltrano (1607-1656) - si veda per esempio la affinità delle anatomie con il Mosé che fa scaturire le acque dalla roccia, registrato da Federico Zeri (scheda n. 51203 del Catalogo Fondazione Zeri) e a Niccolò de Simone (notizie dal 1636 al 1677). In una comunicazione del 3 ottobre 2017, Nicola Spinosa, escludendo la attribuibilità della tela a Paolo Domenico Finoglia, ha ricordato di aver predisposto una scheda di catalogo per la mostra “Arte e vino” (A. Scarpa, N. Spinosa, a cura di, Verona, Palazzo della Gran Guardia, 11 aprile – 16 agosto 2015), in cui l’opera era attesa. In tale sede lo studioso suggerì Cesare Fracanzano (1605-1651) in alternativa al Maestro dell’Annuncio ai pastori. Lo studioso ritiene oggi che la tela sia attribuibile in alternativa a Cesare Fracanzano o al Maestro dell’Annuncio ai pastori. Il 7 ottobre 2019 il Prof. Spinosa ha comunicato alla Casa d'Aste che il dipinto comparirà nel suo libro “Il Maestro dell’Annuncio ai Pastori e i pittori della realtà”, in corso di pubblicazione per i tipi di Ugo Bozzi Editore, con attribuzione a Cesare Fracanzano e datazione 1640-1645. Si ringraziano Craig Felton, Riccardo Lattuada, Vittorio Sgarbi e Nicola Spinosa per il prezioso supporto dato alla schedatura dell’opera.

MAESTRO DELL’ANNUNCIO AI PASTORI (CA. 1620 - 1640), CESARE FRACANZANO (1605 -1651) O PAOLO DOMENICO FINOGLIA (CA. 1590-1645) Olio su tela 122x181 cm Condizioni supporto: 80% (reintelo) Condizioni superficie: 70% (consunzione della pittura, integrazioni) Il dipinto raffigura l’epico baccanale descritto da Ovidio al Libro I dei Fasti, dal verso 393 in poi. Sileno è circondato da putti scherzosi mentre, nel margine a sinistra della tela, un uomo nudo versa del vino da un otre a un giovane nudo. Tale soggetto iconografico ha goduto di grande popolarità dall’antichità classica al Rinascimento, con le opere di Giulio Romano, Giovanni Bellini e Tiziano. L’autore del dipinto in esame, secondo Nicola Spinosa, ebbe conoscenza diretta di un disegno di Annibale Carracci, riprodotto in un vassoio di argento della collezione Farnese oggi a Capodimonte, “in particolare per l’episodio con l’uomo che versa il vino dall’otre al giovane disteso nudo, della nota composizione di Ribera del 1626 (anche a Capodimonte)” (scheda del 27 febbraio 2011). Come sottolinea lo studioso, il dipinto appare prossimo alle esperienze in chiave naturalista di Ribera, risalenti ai giovanili anni romani dell’artista che “dopo il suo definitivo trasferimento a Napoli, ebbero notevole influenza sull’ambiente dei pittori locali per scelte di rinnovata concretezza e più vigorosa intensità visiva. Nella cerchia di Ribera figure di rilievo furono, tra gli altri, Francesco Fracanzano, almeno fino alla svolta classicista della fine degli anni Quaranta e degli inizi del decennio successivo, e Nunzio Rossi, con soluzioni che farebbero suggerire il nome di entrambi per l’autore della tela in argomento. Appartengono, in più a Francesco Fracanzano, fratello del più anziano Cesare, anche lui autore di alcuni dipinti con soggetti bacchici e anche lui formatosi a contatto con Ribera, alcune tele con soggetti affini, come il Trionfo di Bacco, firmato, del Museo di Capodimonte, e il Baccanale della collezione Valerio a Ginevra” (scheda 2011). Pur considerate le affinità iconografiche, Nicola Spinosa ha evidenziato come, “per resa asciutta e vigorosa del dato reale, fisico e psichico, per concretezza quasi tattile di panni e di epidermidi, di particolari anatomici e tratti sia somatici che espressivi, questo Sileno ebbro in nessun modo concorda, anche per sapienza nella trattazione delle luci e delle ombre come per compattezza di dense stesure cromatiche, con i modi dei due pittori prima indicati” e ritiene invece che il referente più immediato della tela vada rintracciato nell’opera del cosiddetto Maestro dell’Annuncio ai pastori (Spinosa, scheda 2011). “Il confronto tra la tela in argomento con opere note dell’ancora anonimo maestro (comunque fortemente in relazione con Ribera e probabilmente anche lui di origine iberica) è determinante al fine dell’assegnazione a quest’ultimo anche della composizione in esame”: Spinosa accosta la figura del Sileno, quelle degli anziani “barbuti e con le epidermidi segnate dagli anni, dal sole e dalle fatiche quotidiane”, delle baccanti e dei putti giocosi con quelli rappresentati in molte tele dipinte dal Maestro dell’Annuncio ai pastori, come per esempio nell’Adorazione dei Magi della raccolta Ruffo della Scaletta, che permettono che “l’assegnazione della sua mano, che qui si propone, possa risultare certa e accettabile” (Spinosa, scheda 2011). A conferma dell’attribuzione, Spinosa segnala che la “trattazione delle materie cromatiche, dense come neppure in Ribera o in Francesco Fracanzano o nello stesso Nunzio Rossi, è identica a quella che si riscontra, a esempio, nell’Incontro di Giacobbe e Rachele di una privata raccolta fiorentina, nella Officina di Vulcano del Museo di Weimer (anche pubblicata dal De Vito nel 1986), nel Perseo che combatte con Fineo di una collezione romana, del Figliuolo prodigo nella versione dai toni accesi del Museo di Capodimonte o nel Maestro di scuola di un’altra raccolta privata, nel Profeta che legge del Museo di Bordeaux e nella Natività di Maria della chiesa di Santa Maria della Pace di Castellammare di Stabia: opere che si collocano in momenti e fasi diverse dell’attività del pittore, tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Cinquanta (se ne vedano, per molte, le riproduzioni anche in N. Spinosa, “Pitture del Seicento a Napoli. Da Caravaggio a Stanzione”, Napoli 2010, pp. 326-340)”. Spinosa inoltre nota come la trattazione delle materia cromatiche nella tela in esame “indulge a toni più rischiarati e quasi preziosi che non nelle composizioni del pittore databili tra fine terzo decennio e inizi del successivo, ma evidenziabili in dipinti successivi alla “crisi pittoricistica” avviata da Ribera intorno al 1635 e che in breve coinvolgerà tutti i pittori napoletani sia di precedente orientamento naturalista (come lo stesso Maestro dell’Annuncio ai pastori), sia d’inclinazione moderatamente classicheggiante (come nel caso di Massimo Stanzione)”. Tale crisi pittoricistica ha comportato da una parte un progressivo schiarimento delle cromie, dall’altra “una resa più pacata e meno ‘ruvida’ o severa di atteggiamenti e reazioni espressive. Che, nel caso dell’anonimo Maestro, si riscontra a partire dai primi anni Quaranta, quando dipinse probabilmente, senza rinunciare, comunque, alle passate propensioni naturaliste, la seconda citata versione del Figliuol prodigo di Capodimonte e, più tardi la Natività di Maria di Castellammare di Stabia. Motivo per il quale, anche per questo Sileno ebbro sono propenso a indicare una collocazione cronologica agli inizi del quinto decennio del secolo, se non poco dopo” (Spinosa, scheda 2011). In occasione della vendita, a complemento della citata scheda critica predisposta da Nicola Spinosa per una precedente proprietà, la Casa d’Aste ha consultato nuovamente il Prof. Spinosa ed altri esperti di riferimento per l’artista, che hanno esaminato l’opera su base fotografica. Riccardo Lattuada ritiene che “l’attribuzione al Maestro degli Annunci ai pastori sia corretta” (comunicazione del 27 settembre 2017). Vittorio Sgarbi, in una comunicazione orale, ha sottolineato la vicinanza dell’autore con Paolo Domenico Finoglia (ca. 1590-1645). Di parere analogo è Craig Felton, il quale sostiene che “the Neapolitan origin of the artist is evident. (…) The painting seems closer to the work of Paolo Domenico Finoglia, athough the possibility that it is by the Maestro dell’Annuncio ai pastori is also valid” (comunicazione del 23 settembre 2017). In alternativa, sono state proposte attribuzioni ad Agostino Beltrano (1607-1656) - si veda per esempio la affinità delle anatomie con il Mosé che fa scaturire le acque dalla roccia, registrato da Federico Zeri (scheda n. 51203 del Catalogo Fondazione Zeri) e a Niccolò de Simone (notizie dal 1636 al 1677). In una comunicazione del 3 ottobre 2017, Nicola Spinosa, escludendo la attribuibilità della tela a Paolo Domenico Finoglia, ha ricordato di aver predisposto una scheda di catalogo per la mostra “Arte e vino” (A. Scarpa, N. Spinosa, a cura di, Verona, Palazzo della Gran Guardia, 11 aprile – 16 agosto 2015), in cui l’opera era attesa. In tale sede lo studioso suggerì Cesare Fracanzano (1605-1651) in alternativa al Maestro dell’Annuncio ai pastori. Lo studioso ritiene oggi che la tela sia attribuibile in alternativa a Cesare Fracanzano o al Maestro dell’Annuncio ai pastori. Il 7 ottobre 2019 il Prof. Spinosa ha comunicato alla Casa d'Aste che il dipinto comparirà nel suo libro “Il Maestro dell’Annuncio ai Pastori e i pittori della realtà”, in corso di pubblicazione per i tipi di Ugo Bozzi Editore, con attribuzione a Cesare Fracanzano e datazione 1640-1645. Si ringraziano Craig Felton, Riccardo Lattuada, Vittorio Sgarbi e Nicola Spinosa per il prezioso supporto dato alla schedatura dell’opera.

Renoir e altri Maestri della collezione del Fallimento E 2 GAS & POWER S.p.A

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