Lot

98

Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino (Arpino 1568 - Roma 1640), Strage degli [...]

In Importants Old Masters Paintings (Genova)

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Genova
Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino (Arpino 1568 - Roma 1640), Strage degli innoncentiolio su ardesia, cm 40x60,5, L’opera, di qualità innegabile, pare derivata da un’invenzione oggi in deposito presso le Gallerie Fiorentine, riconducibile ad una personalità stretta attorno al magistero di Ludovico Mazzolino, e rintracciabile tra gli inventari degli Estensi sin dal 1535, poi passata nelle mani di Ferdinando I de’Medici che, da Roma, la volle con sé a Firenze nel 1607. L’originale degli Uffizi, riferito al pittore ferrarese in occasione della storica mostra ferrarese del 1933, nasconde, tuttavia, una vicenda attributiva travagliata che non ha di certo facilitato gli addetti ai lavori cimentatisi nell’ ardua impresa di ricondurre ad un nome anche le repliche note, quattro per l’esattezza, tra le quali comprendiamo anche l’esemplare qui analizzato per la prima volta, e similmente collocabile tra la fine del Cinquecento e l’inizio del secolo successivo. Attiratasi nel tempo svariate attribuzioni, da Breughel e Dosso Dossi, da Gaudenzio Ferrari e Mazzolino, un’ ipotesi sopraggiunta alla fine dell’Ottocento con l’occhio acuto di Adolfo Venturi, l’opera è stata ricondotta da Andrei Bliznukov a Jacopo Bertucci e, contemporaneamente, da Andrea G. De Marchi al Monogrammista IA. Anche su questi due ultimi artisti la critica recente si è interrogata, affascinata dall’idea che potessero rispondere alle stesse coordinate anagrafiche. Oggi, tuttavia, si è concordi nel ritenere il Bertucci e il Monogrammista IA due personalità artistiche ben distinte, come ci suggerisce il dott. Bliznukov, che ringraziamo per aver risposto prontamente al nostro sollecito e averci fornito una suggestiva e quanto mai plausibile chiave di lettura al nostro enigma. Bliznukov infatti, tornato sui suoi passi, suggerisce di accogliere la proposta del De Marchi e, per quanto riguarda il celebre originale fiorentino, di stringere il cerchio attorno al misterioso Monogrammista IA, cresciuto probabilmente in seno alla bottega del Mazzolino e autore di una manciata di opere (7) purtroppo seriabili con difficoltà. Per tornare alla nostra replica, qui oggetto di studio, date alcune necessarie premesse in merito all’originale da cui è tratta, lo stesso Bliznukov, entratone a conoscenza tramite negativo, eppure ignorandone l’ubicazione, la pubblicava in occasione della sua tesi dottorale (conseguita presso l’Università degli Studi di Firenze) sotto il nome di Valerio Marucelli, ignoto pittore fiorentino attivo all’alba del Seicento che, stando ad alcuni referti documentari rintracciati, fu chiamato nel 1607 per eseguire una copia del dipinto mediceo. Oggi, invece, lo studioso, interpellato ed entusiasta della bella riproduzione fotografica, propone per l’ardesia una convincente attribuzione al Cavalier D’Arpino. E in effetti, le tipologie fisionomiche frequentate paiono riconducibili al celebre Maestro romano, così come la tavolozza squillante giocata sull’accostamento di tonalità primarie, sua indelebile cifra, e ancor più risaltate dalla natura luminosa del supporto. Nell’affollarsi degli astanti in primo piano, si dispiega una galleria di espressioni corrucciate e di muscoli stirati nell’impeto dell’azione, che il tratto vigoroso e la calligrafia nervosa restituiscono a dovere. L’opera è dunque databile entro il 1607, probabilmente eseguita da Giuseppe Cesari prima che l’originale venisse trasferito da Roma a Firenze. Sotto tale attribuzione la vedremo presto pubblicata nel catalogo ragionato sul Mazzolino a cura dello studioso. Bibliografia: Andrei Bliznukov, "Ludovico Mazzolino (c. 1480-1528). Percorso stilistico e catalogo delle opere, tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, sotto la direzione di: Miklos Boskovits, Firenze 2009, pp. 350-351, cat. R. 23
Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino (Arpino 1568 - Roma 1640), Strage degli innoncentiolio su ardesia, cm 40x60,5, L’opera, di qualità innegabile, pare derivata da un’invenzione oggi in deposito presso le Gallerie Fiorentine, riconducibile ad una personalità stretta attorno al magistero di Ludovico Mazzolino, e rintracciabile tra gli inventari degli Estensi sin dal 1535, poi passata nelle mani di Ferdinando I de’Medici che, da Roma, la volle con sé a Firenze nel 1607. L’originale degli Uffizi, riferito al pittore ferrarese in occasione della storica mostra ferrarese del 1933, nasconde, tuttavia, una vicenda attributiva travagliata che non ha di certo facilitato gli addetti ai lavori cimentatisi nell’ ardua impresa di ricondurre ad un nome anche le repliche note, quattro per l’esattezza, tra le quali comprendiamo anche l’esemplare qui analizzato per la prima volta, e similmente collocabile tra la fine del Cinquecento e l’inizio del secolo successivo. Attiratasi nel tempo svariate attribuzioni, da Breughel e Dosso Dossi, da Gaudenzio Ferrari e Mazzolino, un’ ipotesi sopraggiunta alla fine dell’Ottocento con l’occhio acuto di Adolfo Venturi, l’opera è stata ricondotta da Andrei Bliznukov a Jacopo Bertucci e, contemporaneamente, da Andrea G. De Marchi al Monogrammista IA. Anche su questi due ultimi artisti la critica recente si è interrogata, affascinata dall’idea che potessero rispondere alle stesse coordinate anagrafiche. Oggi, tuttavia, si è concordi nel ritenere il Bertucci e il Monogrammista IA due personalità artistiche ben distinte, come ci suggerisce il dott. Bliznukov, che ringraziamo per aver risposto prontamente al nostro sollecito e averci fornito una suggestiva e quanto mai plausibile chiave di lettura al nostro enigma. Bliznukov infatti, tornato sui suoi passi, suggerisce di accogliere la proposta del De Marchi e, per quanto riguarda il celebre originale fiorentino, di stringere il cerchio attorno al misterioso Monogrammista IA, cresciuto probabilmente in seno alla bottega del Mazzolino e autore di una manciata di opere (7) purtroppo seriabili con difficoltà. Per tornare alla nostra replica, qui oggetto di studio, date alcune necessarie premesse in merito all’originale da cui è tratta, lo stesso Bliznukov, entratone a conoscenza tramite negativo, eppure ignorandone l’ubicazione, la pubblicava in occasione della sua tesi dottorale (conseguita presso l’Università degli Studi di Firenze) sotto il nome di Valerio Marucelli, ignoto pittore fiorentino attivo all’alba del Seicento che, stando ad alcuni referti documentari rintracciati, fu chiamato nel 1607 per eseguire una copia del dipinto mediceo. Oggi, invece, lo studioso, interpellato ed entusiasta della bella riproduzione fotografica, propone per l’ardesia una convincente attribuzione al Cavalier D’Arpino. E in effetti, le tipologie fisionomiche frequentate paiono riconducibili al celebre Maestro romano, così come la tavolozza squillante giocata sull’accostamento di tonalità primarie, sua indelebile cifra, e ancor più risaltate dalla natura luminosa del supporto. Nell’affollarsi degli astanti in primo piano, si dispiega una galleria di espressioni corrucciate e di muscoli stirati nell’impeto dell’azione, che il tratto vigoroso e la calligrafia nervosa restituiscono a dovere. L’opera è dunque databile entro il 1607, probabilmente eseguita da Giuseppe Cesari prima che l’originale venisse trasferito da Roma a Firenze. Sotto tale attribuzione la vedremo presto pubblicata nel catalogo ragionato sul Mazzolino a cura dello studioso. Bibliografia: Andrei Bliznukov, "Ludovico Mazzolino (c. 1480-1528). Percorso stilistico e catalogo delle opere, tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, sotto la direzione di: Miklos Boskovits, Firenze 2009, pp. 350-351, cat. R. 23

Importants Old Masters Paintings (Genova)

Sale Date(s)
Venue Address
Mura di S. Bartolomeo
16
Genova
16122
Italy

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